Recensione del libro: “Los Angeles Lakers” di Salvatore Malfitano - Pagine di Sport
28 Marzo 2024

RECENSIONE DI A.C., Professore di lingua e letteratura italiana e latina, giornalista e appassionato di sport

Senti dire Lakers e pensi inevitabilmente a Los Angeles. Giusto, perché questo è il nome completo della società, che però è stata fondata a Detroit, subito dopo la seconda guerra mondiale, e deve il proprio nome Lakers (i Lacustri) alla terra dei diecimila laghi, il Minnesota, in particolare a Minneapolis, dove i Lakers hanno giocato dal 1947 al 1960, quando si sono spostati a Los Angeles.

Senti dire Lakers e pensi, direi ancora inevitabilmente, ai grandi campioni dei tempi più recenti, come Kobe Bryant e LeBron James. Giusto, perché li abbiamo visti giocare e ricordiamo le loro imprese, nel caso di Kobe anche la tristissima fine. Ma anche altri grandi campioni hanno fatto la storia dei Lakers. Primo fra tutti George Mikan, classe 1924, probabilmente il giocatore simbolo della NBA nell’immediato dopoguerra, il primo che ha superato il muro dei diecimila punti, pur essendosi ritirato a soli 30 anni dopo aver subito una decina di fratture in tutte le parti del corpo.

Senti dire Lakers e pensi alle vittorie, ai successi, soprattutto ai 17 «anelli», ossia titoli NBA, conquistati. Giusto, ma anche i Lakers nella loro storia hanno avuto, accanto a periodi di gloria, anni di difficoltà e di sconfitte. Di tutto questo parla Salvatore Malfitano, giornalista della Gazzetta dello Sport, nel suo recente libro edito da Diarkos: «LOS ANGELES LAKERS», con sottotitolo: «Dove il basket è di casa».

Malfitano ripercorre tutta la storia dei Lakers, dalla fondazione a Detroit sino al 2023. Un racconto documentato nel quale, accanto alle vicende dei Lakers, trovano spazio considerazioni e annotazioni di carattere più generale: lo sviluppo del basket americano, la definizione delle regole, l’organizzazione dei campionati, il metodo di scelta dei giocatori. Non mancano, inoltre, riferimenti alla vita sociale degli States: la discriminazione razziale degli anni Cinquanta e Sessanta, i problemi legati alla diffusione di droghe e alla presenza dell’HIV e tanti altri.

Il libro è diviso in capitoli, corrispondenti a specifici periodi della storia dei Lakers, all’interno dei quali grande spazio viene dato alle figure di primo piano, giocatori ma anche dirigenti. Nel primo periodo a Los Angeles, spiccano campioni come Jenny West, Elgin Baylor, Wayne Estes, un autentico «fenomeno», morto tragicamente nel pieno della sua attività, e Wilt Chamberlain, che sarà protagonista per molti anni. Ma c’è anche un proprietario, Jack Kent Cooke, tanto megalomane quanto insopportabile. Scrive di lui Malfitano: «Non si tratta del più equilibrato dei diplomatici. È dispotico, sembra un tiranno dell’antichità per come tratta i dipendenti. Si è fatto dare il cappotto di qualcuno per avvolgerci Coco, il suo cane». Non stupisce che siano anni senza risultati di valore.

Cambia tutto nella primavera del 1979, quando Cook cede la società a Jerry Buss. È una vera rivoluzione. Buss vuole che ogni partita sia «un’esperienza di intrattenimento a centosessanta gradi, dove l’evento sportivo non sia più l’unica cosa a cui valga la spesa assistere, ma soltanto quella principale». È l’inizio dello «Showtime», che ancora caratterizza molti sport americani. Questa concezione dello sport si traduce sul parquet in «uno stile di gioco offensivo, spumeggiante, divertente» e ricco di risultati: dal 1979 al 1991, cinque titoli NBA e nove titoli di Conference. I Lakers dominano il basket americano, trascinati da fenomeni come Chamberlain, Kareem Abdul-Jabbar, Earvin “Magic” Johnson, Mychal Thompson, per citare i più noti.

C’è un momentaneo declino tra il 1991 e il 1996, poi i Lakers riprendono a dominare, con campioni come Shaquille O’Neal e soprattutto Kobe Bryant, a cui l’autore dedica, giustamente, un’attenzione particolare, come è doveroso per quello che è stato «il più grande giocatore nella storia dei Lakers», come ha riconosciuto lo stesso O’Neal, che con Kobe non aveva mai avuto rapporti particolarmente sereni. Non può mancare, ovviamente, nel libro il tragico destino di Kobe Bryant, morto in un incidente aereo, domenica 26 gennaio 2020, assieme alla figlia tredicenne Gianna e altre sette persone. È la fine di una leggenda, di un campione che ha fatto la storia dei Lakers e del basket, non solo americano. Siamo in un anno tormentato, l’anno della pandemia che sconvolge anche il mondo dello sport. Un anno che però i Lakers, trascinati dall’anziano ma sempre valido LeBron James, concludono positivamente con la conquista del diciassettesimo «anello» NBA. Quasi un omaggio al loro grande campione scomparso.

Ma non sono più i Lakers dei decenni precedenti. Per il momento la loro storia conosce un nuovo declino. Ma Salvatore Malfitano conclude con parole di speranza: «Lo sport, sempre arido di prevedibilità, rende impossibile datare il prossimo trionfo dei Lakers, Ma esistono franchigie consegnate alla gloria, che l’hanno introiettata e poi trasmessa di generazione in generazione. Quindi, è soltanto questione di tempo».

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