Una nuova edizione dell’Artusi, un classico della cucina italiana - Pane e focolare
15 Dicembre 2023

In occasione di un evento dedicato al panettone milanese e alle tavole della festa, mi è stato chiesto di raccontare qualcosa delle tradizioni gastronomiche natalizie. Ho cominciato dai consigli di Pellegrino Artusi, secondo il quale: «Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio». Libro alla mano, leggo il suo menu del pranzo di Natale: cappelletti in brodo come primo piatto, di secondo un bel cappone: «animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini». Piatti molto familiari ma la domanda è: erano davvero tutti così i pranzi di Natale in Italia alla fine dell’Ottocento o è l’Artusi che ha plasmato con i suoi consigli le abitudini delle famiglie della nostra penisola? Le citazioni del noto gastronomo hanno molto divertito e incuriosito la platea, un’amica mi ha poi confessato che è andata a casa della mamma a recuperare una copia de La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, per godersi la lettura di questo classico.

Mi auguro che il libro sia presente in tutte le nostre case, ma il nostro mondo è un po’ contraddittorio, guardiamo Master Chef mentre siamo sdraiati sul divano a mangiare cibo ordinato con un delivery, consultiamo video tutorial su youtube e blog di famose cuoche divertendoci a guardare quello show, ma spesso nella nostra libreria non c’è una adeguata selezione di libri di cucina, di quei classici che a lungo andare hanno alcune pagine macchiate di uovo sbattuto o di sugo d’arrosto, oggetto di frequente consultazione e sempre aperti sul ripiano di cucina mentre eseguiamo le fasi di preparazione. Ricordiamo che la nostra cucina è considerata la più buona del mondo e dobbiamo tramandare le nostre tradizioni, anche con lo strumento preziosissimo di quei volumi che non passano mai di moda.

Non posso che plaudere quindi a questa nuova iniziativa editoriale: la casa editrice Diarkos ripubblica La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, con una bella introduzione di Massimo Alberini, che racconta la vita dell’autore, le vicende del libro, con interessanti informazioni anche sulla storia degli altri storici ricettari italiani.  Il testo dell’opera corrisponde esattamente a quello dell’ultima edizione curata da Pellegrino Artusi nel 1910 prima di morire, e sono contenta che l’originale sia stato rispettato, perché non mi hanno mai convinto quelle edizioni nelle quali il ricettario è stato rivisitato e integrato da famosi chef. Il volume ha un suo pregio così come è, anche come testimonianza storica. Non è solo un libro di cucina, fornisce consigli di gestione economica della dispensa, di risparmio, di igiene, di corretta alimentazione, di equilibrio e temperanza, in un racconto pieno di simpatia e leggerezza. Ci sono molte ricette realizzate con i classici avanzi, senza cadere nelle stravaganze di certa cucina raffinata. Sarà questo il segreto del suo successo? Racconta episodi della mitologia greca e latina, divaga con aneddoti di cultura, cita Parini e Goldoni. C’è la cucina regionale, la libertà nello scegliere tra burro e olio a seconda delle tradizioni locali. Artusi consiglia l’utilizzo della patata e del sugo di pomodoro, che entrano da protagonisti nei suoi piatti, dopo che per secoli erano stati poco apprezzati. Non cade nello snobismo di chi, per darsi arie, dà alle pietanze nomi francesi: è fermamente convinto della grandezza della cucina italiana e ha sdoganato la gastronomia popolare, raccomandando però sempre la cura della bellezza e del buon gusto. Per l’autore la tavola è un’arte, che merita tutta la nostra cura e attenzione. Leggo nella Prefazione: «Quando si decide di dare nuova edizione di un classico, ci si chiede, sarà ancora attuale?» La mia risposta è decisamente sì, i classici non passano mai di moda e La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene dell’Artusi dovrebbe essere presente nelle librerie di tutte le case, come emblema della nostra cultura, e non solo di quella gastronomica.

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