Raccontare storie vere e veicolare dei messaggi attraverso lo sport è sempre stato il marchio distintivo di Francesco Veltri, scrittore e giornalista cosentino. Lo abbiamo visto nel suo ultimo romanzo, Basta. Storia di un allenatore minore, e in quello precedente, Il mediano di Mauthausen, in uscita il 10 dicembre con una ristampa aggiornata, edita dalla casa editrice Diarkos.
Il romanzo racconta la storia di Vittorio Staccione, calciatore torinese in attività negli anni ’20 e ’30, in pieno periodo fascista, che ha vestito maglie di squadre quali Torino, Cremonese, Fiorentina e Cosenza, tra le altre. Figura atipica se pensiamo al prototipo di calciatore a noi noto, Staccione vide la sua carriera ostacolata dalla palese avversione al regime fascista, fino all’internamento nel campo di concentramento di Mauthausen, in Austria. Lì morirà a soli 41 anni il 16 marzo 1945.
L’omaggio di Veltri a Staccione nasce da un articolo da lui scritto sul sito mmasciata in occasione del centenario del Cosenza Calcio. L’articolo, dedicato alle storie di sportivi sconfitti, attira l’attenzione del pronipote del calciatore, Federico Molinario, nipote di Eugenio, fratello di Vittorio e fonte principale per la ricostruzione della vicenda. I ricordi della famiglia di Federico e le ricerche di Veltri portano alla nascita del libro, che vede la luce nel 2019, dopo una lunga genesi.
La ristampa nasce da un’idea di Diarkos, in occasione dell’anniversario degli 80 anni della morte di Staccione. Come sottolinea Veltri “non si tratta di una semplice ristampa ma di una versione aggiornata, arricchita da nuove notizie ricercate in questi sei anni e da una ventina di nuove foto, alcune delle quali con la maglia del Cosenza. Questo ha portato a una versione di circa 30 pagine in più rispetto all’originale.”
Per la famiglia Staccione si trattò di un doppio trauma. Con Vittorio, infatti, venne deportato a Mauthausen anche il fratello maggiore Francesco. Entrambi militanti politici, vennero arrestati nel 1944 dopo gli scioperi di Torino. Nel campo di Mauthausen si videro una sola volta in un anno, e Francesco morì di stenti pochi giorni dopo il fratello. Un dolore incolmabile per la loro famiglia che, come in tanti casi simili, ebbe per circa 70 anni il pudore di parlarne e riaprire questa ferita. Secondo Francesco Veltri, però, questa storia – bellissima pur nella sua drammaticità – meritava di essere riportata alla luce ed essere conosciuta da più persone possibili.
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