Recensione del libro “La storia del Milan” di Stefano Ravaglia - Pagine di Sport
9 Febbraio 2025

RECENSIONE DI A.C., Professore di lingua e letteratura latina, giornalista e appassionato di sport

È stata, sinora, una stagione assai deludente, quella del Milan. Brillano alcune perle, qualche volta raccolte quasi per caso, ma la classifica in campionato è davvero misera, come non succedeva da chissà quanto. Per di più è in atto ormai da tempo una spaccatura sempre più acuta tra società e sostenitori (e non solo quelli della curva). Persino la festa dei 125 anni del Milan, lo scorso 15 dicembre, per altro organizzata con molte dimenticanze e troppe assenze significative, si è conclusa con una bordata di fischi ogni volta che le telecamere inquadravano Zlatan Ibrahimovic o qualcun altro del suo gruppo.  Insomma, una situazione davvero brutta. Eppure continuano ad essere pubblicati libri sul Milan, su grandi giocatori del Milan o su periodi particolarmente felici della squadra rossonera. La fede sportiva rossonera non muore mai.

Uno di questi libri è LA STORIA DEL MILAN, edito da Diarkos nello scorso novembre, nel quale Stefano Ravaglia, giornalista autodefinitosi “Milanologo”, ripercorre, come dice il titolo, tutta la storia del Milan, dalla fondazione nel 1899 (quarto club italiano per anzianità, dopo Genoa, Udinese e Juventus) sino al 19° scudetto conquistato nel 2022 con Stefano Pioli allenatore e Paolo Maldini e Ricky Massara in cabina di regia.

Il sottotitolo del libro di Ravaglia è molto esplicito: Il romanzo rossonero. Perché la storia del Milan (come quella di tante altre squadre, per altro) può essere vista proprio come un romanzo. In cui il protagonista è ovviamente il Milan, di cui si narra tutta la vita, a partire dalla nascita, il 13 dicembre del 1899, ad opera di Herbert Kilpin, arrivato a Milano da Nottingham. Accanto al protagonista, a suo favore o talvolta anche contro di lui, operano, come in ogni romanzo, tanti altri personaggi. I presidenti, anzitutto: alcuni legati ai grandi successi del Milan, su tutti Silvio Berlusconi con il fido Adriano Galliani, ma anche Franco Carraro e prima di lui Andrea Rizzoli; ma altri presidenti sono stati per il Milan degli sciagurati, altri ancora assenti o quasi inesistenti.

Lunga la serie degli allenatori, tra cui spiccano, vorrei dire ovviamente, Nereo Rocco, cui si devono le prime due Coppe dei Campioni, e Arrigo Sacchi, Fabio Capello e Carlo Ancelotti, Nils Liedholm e Lajos Czeizler, senza dimenticare Alberto Zaccheroni e Stefano Pioli, capaci di conquistare il tricolore con due formazioni non proprio irresistibili.

Tra i personaggi del romanzo, ruolo essenziale occupano i giocatori, a partire da quelli che della maglia del Milan hanno fatto una seconda pelle. Qui è difficile, per il recensore, scegliere dei nomi tra i tanti cui Ravaglia dedica spazio e particolari, perché ogni epoca ha avuto i suoi campioni, gli idoli della tifoseria. Ma qualche nome, particolarmente legato alla storia del Milan, bisogna pur dirlo. Per restare nel dopoguerra, non si può dimenticare il trio svedese Gre-No-Li. E poi Gianni Rivera, il simbolo del Milan tra gli anni Sessanta e Settanta, Cesare Maldini e Giovanni Trapattoni, Pierino Prati e il roccioso Roberto Rosato, il «ragno nero» Fabio Cudicini e Giovanni «basletta» Lodetti.

Troppi, per ricordali tutti, i campioni dell’epoca Berlusconi, ma non si può non citare Franco Baresi e Paolo Maldini, il trio olandese Gullit – Van Basten – Rijkaard, Alessandro Costacurta, Carlo Ancelotti e Demetrio Albertini, l’elegante Kakà («Siam venuti fin qua per vedere giocare Kakà» cantavano i tifosi) i grandi bomber Andrij Shevcenko e Pippo Inzaghi, i più amati dai tifosi, che li sommergono di applausi ogni volta che compaiono a San Siro. E infine gli artefici del 19° scudetto.

Tanti nomi, tante storie, tanti momenti belli e, come succede nella vita e non solo nei romanzi, anche tanti momenti difficili e persino sportivamente tragici, non solo lo scudetto buttato al vento nella «fatal Verona» il 20 maggio del 1973, ma soprattutto la doppia retrocessione in serie B.

Stefano Ravaglia, nella sua opera imponente di oltre 500 pagine, racconta tutto questo e molto di più, che qui non è possibile sintetizzare. Ma leggere il libro, consultarlo, cercare nomi, partite, episodi, aneddoti poco noti, sarà certamente un passatempo piacevole.  Anche se la situazione attuale del Milan, società e squadra, è al momento assai deludente se non proprio desolante. E anche se tutto il sistema calcio è molto cambiato rispetto al passato anche abbastanza recente.

«Sappiamo di certo che il calcio è cambiato. Non ci sono più mecenati pronti ad aprire il portafoglio, non ci sono più proprietari innamorati». Oggi, dice Ravaglia, ci sono i bilanci da far quadrare, ci sono altri interessi, oltre a quelli strettamente sportivi, che guidano i nuovi dirigenti. Con una conseguenza che non si può più negare: «la carenza di attenzione a quel cordone ombelicale con la gente, vera padrona del pallone». Vale per tutte le società, ma vale, oggi, forse a maggior ragione per il Milan, sul cui futuro ci sono più ombre che luci. Stefano Ravaglia lo sa e per questo chiude con una domanda angosciata: «Siamo sicuri che questo grande bagaglio grosso 125 anni sia in grado di passare di mano in mano come un tempo?». La sua risposta è un auspicio di speranza: «Non dimenticarlo in un hangar dell’aeroporto, abbandonato chissà dove, è un dovere. Perché l’aereo rossonero deve ripartire presto verso cieli da conquistare», La fede del tifoso, appunto.

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