Vi racconto la crisi democratica dell’Unione europea. Estratto dal saggio di Sergio Giraldo "L’impero minore. Crisi industriale e crisi democratica nell’Unione europea" - StartMagazine
30 Gennaio 2025

Con il Trattato di Maastricht, l’Unione europea diventa terreno di conquista per gli istinti egemonici della Germania, che impone agli stati membri il proprio modello politico-economico ordoliberale. In esso, alle esportazioni è affidato il compito di trainare l’economia, il che porta con sé risvolti politici pesanti. Il modello prescrive infatti una compressione delle dinamiche salariali, della spesa pubblica e della domanda interna, il controllo dell’inflazione e il contenimento dei consumi, in nome della ricerca della competitività sui mercati esteri. Forti economie export-led, come quella tedesca, portano, alla lunga, a squilibri macroeconomici: vampirizzando la domanda dei paesi verso cui esportano, esse crescono sulla capacità di spesa degli altri paesi, deprimendone la crescita sino al collasso.

Le radici della crisi europea stanno quindi nella imposizione di un modello di sviluppo costruito sulla ricerca della competitività utilizzando principalmente la leva del prezzo, cioè del costo dei fattori di produzione. Una leva che è stata esercitata negli ultimi trent’anni agendo sul contenimento dei salari, cioè a spese dei lavoratori.

Ciò non sarebbe stato possibile senza la fattiva ed entusiasta collaborazione della sinistra politica, che dai primi anni ’90 del secolo scorso, in Italia e in Europa, è diventata portabandiera del surrogato provinciale del neoliberismo, ovvero l’europeismo. Una svolta politica opportunistica resa possibile dalla fine del regime sovietico, avvenimento che troppo spesso viene derubricato a “crollo del muro di Berlino”, come se la scomparsa della prassi di governo comunista si riducesse a una questione urbanistica.

 

Il deficit democratico dell’Unione europea non è un problema secondario, è anzi tra le cause originarie della sua stessa crisi. Sulle scelte compiute dall’Unione non vi è un reale meccanismo di responsabilità politica.

L’Unione europea è una sorta di suk diplomatico in cui si esprimono la politica di potenza della Germania e la pretesa specialità della Francia. Nel gioco di specchi condotto informalmente a Bruxelles, le regole sono create e interpretate a misura dei due grandi paesi. Questo sostanziale svuotamento del livello nazionale di decisione politica a favore di una o più entità sovranazionali genera un vulnus nelle democrazie degli ex stati sovrani, ora retrocessi a stati membri, quasi delle province. Privo dell’attributo della responsabilità politica nei confronti degli elettori, il sistema di governo europeo si fa via via più sciolto da vincoli politici e istituzionali, ovvero assoluto.

Nel perseguimento di un ruolo mondiale come potenza terza, in competizione con Cina e Stati Uniti, l’Unione europea è sempre meno democratica e sempre più verticistica. Ma l’Unione non è uno stato nazionale come USA e Cina, bensì un gruppo di paesi tenuto insieme da una rete di trattati. […] Nel suo tentativo di costituirsi come potenza mondiale, l’Unione assomiglia più ad un abbozzo di impero. Una costruzione imperiale che non arriverà mai a compiutezza, per difetto iniziale di costruzione. Un impero minore, rispetto alle due grandi potenze nazionali Stati Uniti e Cina.

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