Patti Smith – la Forza della parola di Patrizia De Rossi: recensione di Indie-Eye
15 Aprile 2021

Le pubblicazioni che riguardano il percorso poetico, artistico e musicale di Patti Smith sono numerose e tra quelle disponibili in Italia, non è possibile tralasciare il lavoro attento e rigoroso di Tiziana Lo Porto che ha tradotto buona parte dei volumi scritti dalla stessa Smith, oltre alla biografia probabilmente più nota e diffusa, scritta da Dave Thompson.Il lavoro di Patrizia De Rossi pubblicato recentemente per Diarkos si situa a metà tra il tracciato biografico e una lettura combinatoria della vasta produzione letteraria di Patti Smith. Una scelta intelligente e creativa che nel raccontare una storia apparentemente nota, cerca conferme nello scavo, anche interiore, della vicenda personale.Emerge, per esempio, una morfologia metropolitana che non sempre ha trovato spazio nelle ricostruzioni dedicate alla poetessa del rock, dove si rivela una relazione attiva, creativa e dolorosa con l’entità urbana. Sono le città a plasmarci oppure siamo noi a dar forma ai loro confini?Deptford, New York, Parigi, Detroit, Firenze, Lisbona e moltissime altre città Europee, segnano la crescita e la definizione spirituale nell’arte della Smith. La De Rossi le racconta cercando di percepirne il fermento, la vitalità e anche la spaventosa oppressione cognitiva che possono generare.Suddiviso in vere e proprie stazioni di viaggio, non necessariamente geografiche, il volume ripercorre l’ascesa e il successo dell’artista statunitense, cercando di definire gli elementi costitutivi di una poetica in costante movimento, eppure sempre fedele ai propri principi creativi.Basta pensare ad un brano come “People Have the power“, forse uno dei più immediati e “commerciabili” tra quelli scritti dalla Smith, citato in occasioni alternative e con diverse prospettive analitiche da Massimo Cotto nella sua bella introduzione al libro e dalla stessa De Rossi, lungo il suo amorevole avvicinamento a Patti. Anthem rivoluzionario, occasione collettiva per riconoscersi, la rabbia che si trasforma in una marcia pacifica, oppure, aggiungo personalmente, un’affermazione, quasi zen, del potenziale spirituale insito in ogni individuo.Centrale è anche il dolore, questa condizione inevitabile della vita che per Patti è propellente creativo, nella misura in cui il legame con le persone a lei più care e tutto l’amore donato e ricevuto, possono continuare a manifestarsi oltre la dimensione fisica, solo con l’ostinata necessità di ricerca attraverso la scrittura.Rientra in questa necessità di “immediatezza”, soprattutto dopo la morte di Fred Smith, il ricorso alla fotografia istantanea. La De Rossi dedica un capitolo ai suoi lavori fotografici realizzati con la Land 250, una di quelle a soffietto prodotte fino agli anni ottanta. Vengono in mente i “polaroid diaries” di Linda McCartney, ma con l’intenzione chiarissima di sottrarsi alla tecnologia del tempo presente, mantenendo una flagranza completamente perduta con l’esplosione a venire dei dispositivi digitali. Patti si spinge idealmente verso il bianco e nero della dagherrotipia, cerca l’aura di persone e cose, mescola pubblico e privato con grande libertà creativa, mantenendo vicino a se l’urgenza presente del gesto punk come testimonianza attiva, traccia che può essere cancellata solo dall’azione del tempo e degli elementi.Im-mediata, se non dalla mediazione della figura di Cristo, è anche la sua visione della religione, che la De Rossi ricostruisce con perizia attraverso interviste, dichiarazioni, stralci prelevati dai libri di Patti Smith.Fuori dal rapporto coercitivo con le istituzioni, il dialogo di Patti con Dio è quello che emerge anche dal bellissimo “Song to Song” di Terrence Malick, una connessione accesa e ancora in fiamme con tutto l’amore che abbiamo potuto esprimere in vita; catena che è ben chiara sin dai versi esoterici e potenti di “Easter”.Il volume percorre ovviamente tutte le tappe più importanti della produzione musicale di Patti Smith, dagli esordi fino alle “nuove suggestioni sonore” sperimentate insieme ai newyorchesi Soundwalk Collective. Lo fa comunque senza cedere ai pericoli del compendio o del resoconto esaustivo; qualsiasi tappa reagisce con un frammento poetico oppure una suggestione biografica evidenziata come se fosse un segno più importante di altri.Scrivere una storia è in fondo una relazione costante tra struttura e libertà e “Patti Smith. La forza della parola“, sin dal titolo, trova proprio in questa l’energia combinatoria per riscrivere un racconto conosciuto, come se fosse la prima volta. 

 Leggi l'articolo completo su: https://www.indie-eye.it/recensore/coverstory/patti-smith-la-forza-della-parola-di-patrizia-de-rossi-recensione.html 

Le pubblicazioni che riguardano il percorso poetico, artistico e musicale di Patti Smith sono numerose e tra quelle disponibili in Italia, non è possibile tralasciare il lavoro attento e rigoroso di Tiziana Lo Porto che ha tradotto buona parte dei volumi scritti dalla stessa Smith, oltre alla biografia probabilmente più nota e diffusa, scritta da Dave Thompson.Il lavoro di Patrizia De Rossi pubblicato recentemente per Diarkos si situa a metà tra il tracciato biografico e una lettura combinatoria della vasta produzione letteraria di Patti Smith. Una scelta intelligente e creativa che nel raccontare una storia apparentemente nota, cerca conferme nello scavo, anche interiore, della vicenda personale.Emerge, per esempio, una morfologia metropolitana che non sempre ha trovato spazio nelle ricostruzioni dedicate alla poetessa del rock, dove si rivela una relazione attiva, creativa e dolorosa con l’entità urbana. Sono le città a plasmarci oppure siamo noi a dar forma ai loro confini?Deptford, New York, Parigi, Detroit, Firenze, Lisbona e moltissime altre città Europee, segnano la crescita e la definizione spirituale nell’arte della Smith. La De Rossi le racconta cercando di percepirne il fermento, la vitalità e anche la spaventosa oppressione cognitiva che possono generare.Suddiviso in vere e proprie stazioni di viaggio, non necessariamente geografiche, il volume ripercorre l’ascesa e il successo dell’artista statunitense, cercando di definire gli elementi costitutivi di una poetica in costante movimento, eppure sempre fedele ai propri principi creativi.Basta pensare ad un brano come “People Have the power“, forse uno dei più immediati e “commerciabili” tra quelli scritti dalla Smith, citato in occasioni alternative e con diverse prospettive analitiche da Massimo Cotto nella sua bella introduzione al libro e dalla stessa De Rossi, lungo il suo amorevole avvicinamento a Patti. Anthem rivoluzionario, occasione collettiva per riconoscersi, la rabbia che si trasforma in una marcia pacifica, oppure, aggiungo personalmente, un’affermazione, quasi zen, del potenziale spirituale insito in ogni individuo.Centrale è anche il dolore, questa condizione inevitabile della vita che per Patti è propellente creativo, nella misura in cui il legame con le persone a lei più care e tutto l’amore donato e ricevuto, possono continuare a manifestarsi oltre la dimensione fisica, solo con l’ostinata necessità di ricerca attraverso la scrittura.Rientra in questa necessità di “immediatezza”, soprattutto dopo la morte di Fred Smith, il ricorso alla fotografia istantanea. La De Rossi dedica un capitolo ai suoi lavori fotografici realizzati con la Land 250, una di quelle a soffietto prodotte fino agli anni ottanta. Vengono in mente i “polaroid diaries” di Linda McCartney, ma con l’intenzione chiarissima di sottrarsi alla tecnologia del tempo presente, mantenendo una flagranza completamente perduta con l’esplosione a venire dei dispositivi digitali. Patti si spinge idealmente verso il bianco e nero della dagherrotipia, cerca l’aura di persone e cose, mescola pubblico e privato con grande libertà creativa, mantenendo vicino a se l’urgenza presente del gesto punk come testimonianza attiva, traccia che può essere cancellata solo dall’azione del tempo e degli elementi.Im-mediata, se non dalla mediazione della figura di Cristo, è anche la sua visione della religione, che la De Rossi ricostruisce con perizia attraverso interviste, dichiarazioni, stralci prelevati dai libri di Patti Smith.Fuori dal rapporto coercitivo con le istituzioni, il dialogo di Patti con Dio è quello che emerge anche dal bellissimo “Song to Song” di Terrence Malick, una connessione accesa e ancora in fiamme con tutto l’amore che abbiamo potuto esprimere in vita; catena che è ben chiara sin dai versi esoterici e potenti di “Easter”.Il volume percorre ovviamente tutte le tappe più importanti della produzione musicale di Patti Smith, dagli esordi fino alle “nuove suggestioni sonore” sperimentate insieme ai newyorchesi Soundwalk Collective. Lo fa comunque senza cedere ai pericoli del compendio o del resoconto esaustivo; qualsiasi tappa reagisce con un frammento poetico oppure una suggestione biografica evidenziata come se fosse un segno più importante di altri.Scrivere una storia è in fondo una relazione costante tra struttura e libertà e “Patti Smith. La forza della parola“, sin dal titolo, trova proprio in questa l’energia combinatoria per riscrivere un racconto conosciuto, come se fosse la prima volta. 

 Leggi l'articolo completo su: testo copiato da https://www.indie-eye.it/recensore/coverstory/patti-smith-la-forza-della-parola-di-patrizia-de-rossi-recensione.html 

crivere una storia è in fondo una relazione costante tra struttura e libertà e "Patti Smith. La forza della parola", sin dal titolo, trova proprio in questa l'energia combinatoria per riscrivere un racconto conosciuto, come se fosse la prima volta. La recensione del volume di Patrizia De Rossi con prefazione di Massimo Cotto, edito da Diarkos

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